Franco Pepe e la Mastunicola “… sai, io sono fondamentalmente un artigiano!” E’ vero e così gli piace. Franco Pepe ha quasi un moto di disagio a sentirsi proiettato tra i grandi pizzaioli Italiani (ovvero del mondo) e tra i più grandi chef che, da qualche tempo, incontra con una certa regolarità.

A volte Caiazzo sembra lontana e piccina, ma è il suo nido e la sua fucina, dove ha appreso l’arte dell’impasto a mano dal papà Stefano, che a sua volta l’aveva ereditata da nonno Ciccio. Eh si, perché agli inizi di quel mestiere di panificatore, prima della seconda guerra mondiale, di attrezzi non ce n’erano tanti in giro, bisognava arrangiarsi: la cernita della farina, l’acqua intiepidita nel forno prima di impastare, la valutazione della farina buona solo al tatto erano la regolarità all’epoca e parole come umidità, glutine, acidità erano pressoché sconosciute.

Oggi Franco, aiutato dai fratelli Antonio agli impasti e Massimiliano in sala, è un punto di riferimento dell’arte della pizza e l’impasto rigorosamente a mano dei fratelli Pepe ha conquistato anche i più scettici.

Quello che più mi ha incuriosito sono però alcune pizze nel menù, per le quali è stata fatta una vera e propria operazione di recupero della memoria, utilizzando ingredienti poveri della tradizione dell’alto casertano, restituendo loro lustro e riportandoli a contatto col grande pubblico.

E’ il caso del Calzone di scarola, in cui la verdura è cruda, ed appena appassita dai 3 minuti trascorsi nel forno, ad amalgamarsi con acciughe, capperi ed olive nere. O della Margherita con salumi di nero casertano, razza suina autoctona in pieno recupero da parte di allevatori coraggiosi, con una fantastica scamorza affumicata.

La Mastunicola rappresenta però la vera “firma” della pizzeria: un recupero di una pizza del 600, una scelta coraggiosa, ma premiante. Il disco di pizza – che va steso pian piano con le mani, senza dischi rotanti per aria – viene condito con lo strutto e profumato con origano, pepe nero al mulinello, basilico tradizionale e basilico nero; all’uscita dal forno una grattatina di conciato romano, prodotto dalla locale fattoria Le Campestre. Un trionfo di semplicità.
Cominciate già a sentirlo il profumo, vero?