Una serissima goliardia: potremmo riassumere così la passione e la dedizione profusa dalle tante confraternite a carattere gastronomico. E, in tempi di omologazione e globalizzazione, tanto amore nella difesa del proprio piatto del cuore me le fa apparire ancora più simpatiche.

Una delle prime confraternite – sicuramente una delle più attive e conosciute – è quella del Bacalà alla vicentina (con una sola c), nata nel 1987 su intuizione di Michele Benetazzo di Sandrigo, in provincia di Vicenza, che, sopraffatto dalle discussioni cavillose attorno ad un piatto che veniva cucinato in ogni casa del vicentino, decise di codificarne la ricetta e di diventarne una sorta di custode.

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E così la confraternita si fece baluardo attorno alla ricetta e agli ingredienti di quel piatto arrivato quasi per caso, figlio di un naufragio: quello del mercante veneto Piero Querini, partito nel 1431 dall’isola di Candia (attuale Creta, terra veneziana all’epoca) con un carico di spezie, vino, cotone da scambiare nelle Fiandre. Il viaggio terminò purtroppo – o per fortuna – con un naufragio sulle coste norvegesi; i superstiti furono rifocillati dagli abitanti locali con del pesce essiccato al vento, duro come legna, che Querini porterà con sé nel viaggio di ritorno e che troverà terreno fertile nelle terre povere del Veneto di allora. Messer Querini portò con se dello stockfiss, dello stocafisso; tuttavia i vicentini si ostinavano – e si ostinano tuttora – a chiamarlo bacalà e sembra che l’equivoco sia ormai universalmente accettato.

La confraternita si propone di diffondere la cultura del tradizionale Bacalà alla vicentina attraverso manifestazioni, incontri, rapporti con la stampa. Ogni anno, nel mese di settembre, durante l’omonima festa, rivivono i fasti e le tradizioni legate al piatto, anche attraverso il gemellaggio con l’isola di Rost, nelle Lofoten. Il sindaco di Rost ed il ministro della pesca norvegesi sono infatti membri onorari della confraternita e anche su di loro – come su tutti i nuovi membri – è calata la “benedizione” impartita dal priore con uno stoccafisso.

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Nel 2007 – in occasione dei 20 anni della fondazione della confraternita – è stata riproposta l’avventura di messer Querini, sulla stessa rotta verso le isole Lofoten, da Venezia, ripercorsa poi al contrario via terra cinque anni dopo, inaugurando quella che diventerà poi la via Querinissima.

La ricetta approvata dalla confraternita è frutto di lunghe e goliardiche discussioni (mille case, mille ricette): sulla quantità di latte o di cipolle usata, sull’importanza dell’acciuga o della farina. Un punto d’incontro si è trovato sull’olio: deve essere extra vergine d’oliva di ottima qualità e abbondante, pari almeno al 50% di peso del bacalà (1 kg di stoccafisso, 50 cl di olio).

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Per 12 persone servono: stoccafisso secco 1 kg, cipolle 250 gr, 1/2 litro di olio d’oliva extravergine, 3 sarde sotto sale, ½ litro di latte fresco, poca farina bianca, gr. 50 di formaggio grana grattugiato, un ciuffo di prezzemolo tritato, sale e pepe.

Ammollare lo stoccafisso, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni. Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi. Affettare finemente le cipolle, rosolarle in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le sarde sotto sale tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.

Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o alluminio oppure in una pirofila (sul cui fondo si sara’ versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato, il sale, il pepe. Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.

Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare. Questa fase di cottura in termine vicentino si chiama pipare. Il bacalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12/24 ore. Servire con polenta.