E’ forse merito degli antichi romani se oggi l’Italia è il primo produttore di castagne, che – con molta probabilità – conobbero nelle città di Castanis in Asia Minore, da cui importarono l’albero.

Antichi poeti, come Virgilio, ne descrissero le modalità di cottura – fatte bollire nel latte e consumate col formaggio. Marziale scrisse che gli abitanti di Napoli erano i più abili nell’arrostirle, mentre Plinio il Vecchio – nel Naturalis Historia – le chiama ghiande di Giove e ne classifica ben 8 tipologie diverse. Se ne faceva un gran consumo durante i Culti della Madre Terra, in cui era vietato mangiare il pane dei cereali e si preparava  una sorta di piadina con la farina di castagne.

Diffusasi in tutte le province dell’Impero Romano, la vera a propria coltivazione su larga scala iniziò solo nel medio-evo a causa di due fattori principali: la disgragazione dell’Impero Romano e le incursioni barbariche portarono gran parte della popolazione a spostarsi dalle pianure alle aree pre-montane – habitat d’elezione del castagno, dove il grano fatica a crescere. Il periodo coincise anche con un notevole incremento demografico, per cui si rendono necessarie nuove fonti di cibo a basso costo.

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E il castagno diventa l’albero del pane, con frutti freschi disponibili in autunno, secchi o in farina tutto l’anno. Cereale alternativo al grano per i meno abbienti, stranezza alimentare per i ricchi, con un uso in cucina forse addirittura più vario e fantasioso di quello attuale. Ad esempio, nel 500, venivano cotte in tegame con olio, sale, pepe e succo d’arancio, versato quest’ultimo anche sulle castagne arrostite e poi condite con sale e pepe. Spesso usata come farcia per pollame e cacciagione, il suo uso fu “esportato” anche nelle Americhe – da cui nel frattempo erano state importati peperoni, patate e pomodori – al seguito delle corti Spagnole  e Inglese.

Dal Liber de coquina:

Cicera : accipe cicera ut prius distemperata cum lexiuio et, ab eodem abluta, decoque cum pipere et herbis odoriferis. Que, cum cocta fuerint, pone partem in mortario ad pistandum, ut sint spissa. Item repone in brodio suo et potes ponere castaneas a cortice mondatas et radices petrossillorum si uis.

Prendi i ceci e per prima cosa stemperali in acqua calda e, una volta lavati, metti a cuocere con pepe ed erbe aromatiche. Una volta che saranno cotti, metti una parte di questi nel mortaio e pestali, fino a farli diventare densi. Quindi rimettili nel loro brodo e falli cuocere con castagne pulite e radici di prezzemolo se vuoi.

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Nell’ottocento le castagne costituirono addirittura la base per un’alimentazione di sussutenza; da essa, dal consumo della sua farina, dipendevano centinaia di migliaia di contadini e classi meno abbienti, fenomeno che si ripetè anche durante le guerre mondiali. Ancor oggi le tante sagre di castagne, così diffuse in Italia – molto spesso in contesto medievale – attestano la popolarità del frutto nel paese.

Una curiosità: il castagno più antico d’Italia, il Castagno dei cento cavalli, si trova alle falde dell’Etna, nei pressi di Sant’Alfio. Leggenda vuole che la regina Giovanna d’Aragona vi si riparò col suo seguito di 100 cavalieri. E’ alto 22 metri ed il diametro del suo tronco supera i 20 metri, per un’età stimata attorno ai 2000 anni.