La mozzarella è materia: è questo il leitmotiv dell’edizione Romana de Le strade della Mozzarella 2016, appena conclusa nella cornice dell’hotel Baglioni Regina di Roma.
Cinque gli chef chiamati a rappresentare la materialità del prodotto campano per eccellenza – anche se l’area di produzione tocca il basso Lazio e parte della Puglia. Impresa non facile, per non rischiare un’accusa di eresia o di lesa maestà alla regina dei latticini, ogni qual volta la mozzarella venga in qualche modo “trattata” e non gustata nella sua forma originale. Ma è proprio questa la sfida, da condurre in cucina con estrema intelligenza e maestria.
Si parte dal cuciniere Salvatore Tassa – Colline Ciociare di Acuto – portatore di una filosofia, più che di una vera e propria ricetta: la mozzarella che può essere materia o sapore; e lui le usa entrambe. Attraverso un’estrazione del latte della mozzarella, con metodi quanto più naturali possibile e senza uso di plastica, in linea con la sua morale dello stare in cucina. Da qui un “succo” di mozzarella che diventa base per altri piatti, ma che può essere anche servito in purezza, con un filo d’olio e qualche fogliolina aromatica. Dalla materia grassa residua, un utilizzo innovativo per un grande classico: la cacio e pepe, dove la mozzarella, opportunamente essiccata, sostituisce il pecorino.
Per Valeria Piccini – da Caino a Montemarano (GR) – il legame col latte, e quindi con i formaggi e la mozzarella, deriva dalla sua giovinezza, quando, durante la produzione dei formaggi con il latte delle pecore dell’azienda di famiglia, era solita rubare un po’ di formaggio appena cotto, direttamente dalla pentola di rame. La materia casearia campana accompagna, nel piatto della chef, uno gnocco, che non poteva essere per nulla semplice e scontato: realizzato con fecola di patata e pomodoro, ripieno di cipolla bruciata liquida, su una salsa a base di latte di bufala dalla consistenza di uno yogurt, accompagnato da capperi, limone e acciughe. Un’elegante sinfonia di sapori da apprezzare tutti assieme, per un piatto che strizza l’occhio alla puttanesca.
Luciano Zazzeri – la Pineta di Marina di Bibbiona – ha sviluppato il suo amore per la mozzarella negli anni di gioventù, durante i quali passava mesi tra Campania e Puglia a caccia di volatili. Teme la lesa maestà per cui la mozzarella del suo piatto sarà trattata il minimo. Una cozza marinata nell’acqua della mozzarella abbraccia pomodoro e origano, prima di diventare ripieno di una piccola seppia; il tutto è ripassato al forno e servito con una salsa di pomodoro: quando il caciucco incontra la pizza.
Peppe Guida – Osteria di Nonna Rosa a Vico Equense – ha un rapporto a dir poco viscerale con la mozzarella e con tutto quello che riguarda la tradizione campana. La sua idea di materia muove dalla pastiera: ripartire dai suoi ingredienti, meno lo zucchero, per proporre una zuppa di pastiera, , con grano e pasta (della dimensione di un chicco di grano) cotti nel latte di bufala, agrumi, vaniglia. Il nuovo che nasce dalla tradizione.
Infine, a chiudere la giornata, Cristina Bowermann – Glass Hosteria di Roma -: dopo tanti piatti a base di mozzarella, perché non un cocktail? La mozzarella, frullata con la sua acqua e un po’ di latte di bufala, viene filtrata per diventare la base di un Martini, servito con un’oliva di mozzarella in infusione di basilico e una sfera di caprese ottenuta con pomodori secchi e mozzarella frullata. So chic!